giovedì 13 dicembre 2007

I Paperon de' Paperoni sfruttano i minori - La realtà della Walt Disney Store



A voi tutte mamme, soprattutto in vista dei regali natalizi, segnalo un articolo importante sul comportamento della Walt Disney nelle fabbriche di Haiti, dove presso la Megatex e la Waterbury Garment di Port Au Prince si assemblano gli articoli della serie Winnie the Pooh e di altri famosi personaggi in codizioni disumane.
Un approfondimento a questo link.
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Non tutti forse sono a conoscenza delle brutture che si nascondono dietro la Walt Disney. E' oramai una delle multinazionali più potenti del pianeta ed ha le mani in pasta in molti settori strategici, a partire dal settore dei media per estendersi in quello tessile ed edilizio.
Ho visionato delle foto di alcuni stabilimenti di Haiti, praticamente una baraccopoli nella quale i "lavoratori" vengono pagati 27 centesimi l'ora, confezionando IN PIEDI E PER DIECI ORE AL GIORNO, felpe di vari personaggi disneyiani. Possono andare al bagno al massimo due volte al giorno, praticamente schiavismo bello e buono.10 minuti rappresentano la pausa pranzo. Tra le fila delle operaie, i guardiani, con continui urli, percosse e molestie, fanno la loro parte perché la produzione vada avanti.
Inoltre se un'operaia si ammala, non ha diritto a nessuna retribuzione.

Nelle sue fabbriche la Disney reprime ogni forma di protesta contro tali condizioni, infatti chiunque provi a protestare in qualsiasi modo, viene immediatamente licenziato.

In maniera brutale la Disney discrimina le donne. Ad Haiti non sarebbe legale licenziare le donne incinte, ma i padroni hanno trovato comunque un sistema per evitare il costo e il disturbo della maternità trasferendo le donne in attesa a compiere lavori sempre più pesanti, in modo da far sì che le stesse abbandonino il lavoro di spontanea volontà.Fra l'altro il salario giornaliero permette praticamente di pagare a malapena un autobus.

Così mentre ci rechiamo con i nostri bambini nei Disney Store per acquistare un giocattolo nuovo moltissime persone stanno soffrendo per confezionare quegli stessi prodotti che in maniera incauta porteremo a casa.

Per ora la Disney nega ogni addebito, sbandierando la deontologia professionale che impedirebbe alla società di utilizzare lavoro minorile o sottopagato. Le cose si sono complicate ulteriormente per il fatto chenon è direttamente la Disney a gestire gli stabilimenti haitiani. La produzione tessile è in sub- appalto a due società statunitensi,che a loro volta si appoggiano aad altre ditte che lavorano in Haiti, insomma un sistema di scatole cinesi che facilita il passaggio della palla sulle responsabilità. Se la Disney afferma di non aver riscontrato irregolarità durante le ispezioni, le società che gestiscono l'appalto si trincerano dietro le regole del mercato: Haiti può offrire solo manodopera a basso costo; alzare gli stipendi significa perdere competitività e conseguentemente lavoro.

Identiche condizioni sussistono anche in Birmania.

Insomma la vecchia frase non è tutto oro quel che luccica ci rimanda al solito vecchio discorso:dietro a tanti lustrini si nasconde l'orrore.

Personalmente ho deciso di non acquistare più nulla marcato Disney, trovandone disumane condotta e moralità.

giovedì 29 novembre 2007

"Schiavi" della tecnologia

la parola Coltan, vi dice niente? Ebbene, il coltan è una specie di sabbia nera leggermente radioattiva formata dai minerali di colombite e tantalite dalla cui contrazione deriva il nome "coltan".
Dal coltan viene estratto il tantalio, un metallo raro, molto duro e resistente alla corrosione, usato per la costruzione di turbine aeronautiche e per la fabbricazione di condensatori elettrici di piccole dimensioni. E' usato per aumentare la potenza degli apparecchi riducendo il consumo di energia.
Da componente indispensabile per la produzione missilistica e nucleare e per il settore aereospaziale, oggi è il "genere di prima necessità" più ricercato dai produttori di telefonia mobile. Cellulari, cerca-persone, personal computer, videogames, ma anche materiali ad uso chirurgico per funzionare hanno bisogno dei microcondensatori al tantalio.
Ha un peso simile a quello dell'oro e pressappoco lo stesso valore. L'80% delle riserve mondiali di coltan si trovano in Africa e l'80% di queste sono in Congo.
Strana coincidenza, la guerra civile scatenata in Congo (ex Zaire, oggi, ah ah, Repubblica Democratica) negli anni recenti per spartirsi in realtà il controllo di questa preziosissima risorsa.
Siamo noi gli schiavi tecnologici, allora? No! Sono chi oggi lavora nelle miniere di Coltan del Congo: l'industria mineraria estrattiva in Congo funziona così, udite udite.

1) Sfruttamento al limite della schiavitù dei minatori, una gran parte dei quali sono bambini e giovani ragazzini

2) Sicurezza sul lavoro paradossale: in molte miniere l’estrazione si svolge in situazioni di costante pericolo di vita per i minatori costretti ad addentrarsi per cunicoli sottoterra e a scavare con mani e (se va bene) qualche utensile

3) Trasporti della materie prime in certe miniere sono a spese degli scavatori (che si fanno i kilometri gratis a piedi con sacchi di 50Kg di pietre sulle spalle)

4) Valore sul mercato medio di 50kg di minerale: 400 dollari. Paga giornaliera di uno scavatore: 5 dollari (quando va bene)

5) I militari gestiscono un vero e proprio racket alternativo di distribuzione dello stagno grazie a furti, violenze e a soprusi nei confronti dei minatori/trasportatori

6) Con i soldi derivanti dalla vendita di questi metalli all’occidente vengono in loco alimentate la corruzione e il commercio di armi (e guerre annesse).

7) L’estrazione spesso comporta la distruzione di interi riserve naturali a discapito dell’ambiente e delle specie animali che vi abitano (come i gorilla)

8) Da alcune ONG sono stati documentati episodi di violenze, stupri, omicidi, torture e arresti arbitrari legati al mondo dell’estrazione di tali minerali.

Ovvia, GODIAMO PER I NOSTRI TELEFONINI, eh? Se ci riesce... Forse sarebbe meglio da ora in poi non andare in sollucchero per ogni nuovo modello che esce, ma usare il nostro fino alla fine fisica della sua vita naturale... o no?

Ringrazio Eco Blog per i materiali e le fonti

martedì 27 novembre 2007

Miglioriamo la legge sui congedi per malattia dei figli


L'associazione Genitoriche ritiene un diritto fondamentale del bambino potere avere l'assistenza di un genitore in caso di malattia.

A questo scopo propone una petizione per aumentare e rendere retribuiti i giorni di congedo attualmente previsti dalla normativa.

Vai alla petizione e visiona i materiali della campagna

martedì 20 novembre 2007

Itaca

Quando farai vela per Itaca desidera che la strada sia lunga, piena di avventure, piena di esperienze. Non temere i Lestrigoni, i Ciclopi, né l’ira di Nettuno: niente di simile mai troverai sulla tua strada se la tua mente naviga alta, e scelta è l'emozione che tocca la tua anima e il tuo corpo.

Non incontrerai i Lestrigoni né i Ciclopi, né il feroce Nettuno se non li porti dentro il tuo cuore, se non li innalza il cuore davanti a te.

Desidera che la strada sia lunga, e siano numerosi i mattini d’estate in cui con gioia – oh, quale gioia! – tu entrerai in porti visti per la prima volta. Fai scalo agli empori Fenici e acquista quanto hanno di più bello: coralli e madreperle, ebano, ambra e voluttuosi profumi d'ogni specie: compra voluttuosi profumi, quanto più puoi.

In Egitto visita molte città, e non smettere mai d’imparare dai loro sapienti. Sempre Itaca ci sia nella tua mente: arrivarci è il tuo destino.

Ma non affrettare il tuo viaggio: meglio che duri lunghi anni, e vecchio tu giunga all'isoletta già ricco di quanto hai guadagnato lungo la strada, senza aspettare ricchezze da Itaca: Itaca t'ha dato il bel viaggio; senza di lei non ti mettevi in cammino, altro non ha da darti. Anche se la trovi povera, Itaca non t’ha ingannato: così saggio come sei dopo tante esperienze, ormai hai capito cosa significa viaggiare in cerca d’Itaca.

Konstantin Kavafis

giovedì 8 novembre 2007

L'omicidio fra le baracche di Tor di Quinto

Penso al recente omicidio di Giovanna Reggiani a Tor di Quinto. Certo, come tutti dicono, ci sentiamo sempre meno sicuri. Chi mi salva, il giorno che magari in un parcheggio del supermercato, qualcuno mi tappa la bocca e mi porta via in una macchina?
Ma non è di questo che vorrei parlare, bensì di un particolare che mi ha colpito nel telegiornale serale, la sera dell'omicidio, dove venivano mostrate in carrellata le baracche (è un eufemismo definirle tali...) dove viveva il gruppo di Rumeni del quale anche chi ha ucciso Giovanna faceva parte. Si diceva: "nei prossimi giorni queste baracche saranno abbattute...". Tutti quei precari ammassi di lamiere e cartone, fra l'altro, sorgevano a pochi metri dall'Aniene.
Una domanda allora sorge spontanea: ci voleva il morto per accorgersi delle condizioni subumane nelle quali vivono persone che abbiamo comunque fatto entrare nel nostro paese? I provvedimenti presi da Cofferati a Bologna contro gli insediamenti abusivi, che hanno fatto stracciare le vesti a tanti demagoghi (anche di sinistra), non erano forse giusti? C'era in questo anche l'intento di sventare alluvioni e altri disastri annunciati.
Cosa si pensa che possa proliferare in situazioni così purulente e inumane, se non il crimine che un giorno esplode in tutta la sua efferatezza?
È davvero uno strano paese, il nostro: facciamo entrare migliaia di irregolari perché sono la manovalanza ideale per la mafia e per i nuovi caporali, li sistemiamo su brande sgangherate o per terra, ammucchiati in baracche, ci tappiamo il naso e gli occhi e li sfruttiamo al nero nei nostri cantieri, per la raccolta dei pomodori e anche per molto altro, dopodiché appena uno di questi "servi della gleba" deraglia completamente gridiamo allo scandalo e invochiamo la questione sicurezza.
Dobbiamo avere il coraggio di mettere il dito nella piaga, anche nella nostra, guardarci allo specchio e riconoscere quanto questi disgraziati ci fanno anche comodo, e quanto poco ci interessa veramente la condizione nella quale sono costretti a vivere in uno stato di diritto.

giovedì 25 ottobre 2007

La soluzione finale

21 ottobre 2007

La soluzione finale

Dal Blog di Corrias, Gomez, Travaglio
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commenti


Due settimane fa, ad Annozero, avevo evocato Licio Gelli e il Piano di rinascita della P2 e me ne hanno dette di tutti i colori. In realtà, ero stato troppo ottimista. Ormai siamo oltre Gelli, oltre la P2. Siamo al golpe politico-giudiziario. Per una volta, inseguire gli aspetti tecnico-giuridici della decisione del Procuratore generale di Catanzaro di strappare di mano l’inchiesta “Why Not” su Prodi, Mastella & C. al titolare, cioè al pm Luigi De Magistris, è inutile e fuorviante. Meglio andare subito alla sostanza, che è questa: il magistrato che aveva raccolto elementi sufficienti per indagare Mastella per abuso, truffa e finanziamento illecito, cioè riteneva di aver trovato i soldi, non potrà portare a termine la sua indagine, ormai in dirittura d’arrivo. Il fascicolo passerà a un altro magistrato, che impiegherà mesi per studiarsi tutti gli atti. E, se non vorrà fare la fine di De Magistris - attaccato da destra e da sinistra, difeso da nessuno, ispezionato per mesi e mesi, trascinato dinanzi al Csm, proposto per il trasferimento immediato e infine espropriato del suo lavoro - ascolterà l’amorevole consiglio che gli danno il governo e l’opposizione una volta tanto compatte: archiviare tutto, lasciar perdere, voltarsi dall’altra parte. Checchè se ne dica, questa non è una questione privata fra De Magistris e Mastella. Questa è la soluzione finale dopo vent’anni di guerra della politica alla Giustizia. E’ il coronamento del sogno dei vari Gelli, Craxi e Berlusconi di fermare sul nascere le indagini sul potere. Gelli, Craxi e Berlusconi, nella loro ingenuità, pensavano che per farlo occorresse modificare la Costituzione, scrivendoci che la carriera dei pm è separata da quella dei giudici e che le procure devono obbedire al governo. Mastella e chi gli sta dietro hanno capito che non occorre cambiare le norme: basta creare le condizioni di fatto perché tutto ciò accada. Appena un pm apre un fascicolo sugli amici di un ministro, se ne chiede il trasferimento (del pm, non del ministro). Anche se la richiesta non sta in piedi, non importa: quando il magistrato arriverà al sodo, salendo di livello dagli amici del ministro al ministro stesso, il ministro sosterrà che il pm lo fa perché ce l’ha con lui. E, col gioco delle tre carte, riuscirà a convincere qualche alto magistrato a scambiare le cause con gli effetti e a scippare l’indagine al pm per “incompatibilità”. Come se fosse il pm ad avercela col ministro, e non il ministro ad avercela col pm. Si chiama “guerra preventiva”, e non l’ha neppure inventata Mastella. L’aveva già teorizzata Mao: “Colpirne uno per educarne cento”. Funziona.

Leggi l'intervista a De Magistris di Attilio Bolzoni da repubblica.it


de magistris, mastella, why not, permalink

creato da marco_travaglio il 21/10/2007 alle 17:57

lunedì 22 ottobre 2007

lunedì 15 ottobre 2007

Neri Marcorè - Una vita da Prodiano - prima parte

Il Blog di Diecemmezzo, libro sulla Tramvia Firenze-Scandicci

Segnalo a tutti il il blog di Laura Talia e Serena Guerzoni, che hanno da poco scritto e pubblicato un libro su tutti gli scempi più o meno evidenti causati a Firenze e dintorni dalla construenda Tramvia... leggere per credere!

Oggi è il Blog Action Day per l'Ambiente

Contribuisco alla giornata segnalando il prezioso sito Detersivi bioallegri, che contiene moltissimi preziosi consigli pratici. Il sito distribuisce gratuitamente anche il manuale in formato PDF con molte ricette per detergenti economici ed efficaci, oltre che ecologici!!

Thomas Sankara

Dal sito di Genitori Che...


ricevo da Gaia e pubblico!

Il 15 Ottobre 1987, esattamente 20 anni fa, veniva assassinato Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso. E forse, in un’Africa abituata e rassegnata ad essere governata da fantocci dell’Occidente, da élite corrotte e supine ai dettami delle istituzioni economici internazionali, era prevedibile che andasse a finire così. Perchè Sankara era un vero rivoluzionario che aveva a cuore il bene e il progresso del suo popolo e dell’Africa tutta. Il 4 agosto 1983, in Alto Volta, Sankara arrivò al potere con un colpo di stato incruento e senza spargimento di sangue. Uno dei primi atti del suo governo è significativo di quello che verrà: il Paese, ex colonia francese, abbandonò subito il nome coloniale e divenne Burkina Faso, il "Paese degli uomini integri”. E proprio l’integrità morale fu uno dei pilastri della sua azione e da lì partì per tagliare i ponti con il passato. In quell’anno il tasso di mortalità infantile del paese arrivava al 19% (ogni cinque bambini nati, uno non arrivava a compiere un anno), il tasso di alfabetizzazione al 2%, la speranza di vita era di soli 44 anni, c’era un medico ogni 50mila abitanti. In questa situazione i primi tagli di Sankara furono per la classe dirigente: le auto blu destinate agli alti funzionari statali vennero sostituite con utilitarie, ai lavori pubblici erano tenuti a partecipare anche i ministri, lui stesso viveva in una casa di Ouagadougou, la capitale del Paese, che per nulla si differenziava dalle altre, Sankara e i suoi collaboratori viaggiavano sempre in classe economica e a ranghi ridotti nelle visite diplomatiche. In soli 4 anni di governo riuscì a realizzare riforme sociali epocali e cambiò il volto del paese: lottò per valorizzare la figura dei contadini dando loro più potere, mise la natura tra le sue priorità tentando di fermare l'avanzata del deserto attraverso la riforestazione, fu fautore di una lotta senza quartiere agli abusi e nutrì una particolare attenzione nei riguardi delle donne (il suo governo incluse un grande numero di donne, condannò l’infibulazione e la poligamia e promosse la contraccezione), in poco tempo il 60 per cento dei bambini fu vaccinato contro il morbillo, la meningite e la febbre gialla (e questa, secondo l’Unicef fu una delle più belle imprese mai realizzate in Africa), la percentuale dei bambini scolarizzati salì di un terzo. L’economia ritrovò vigore, i conti pubblici vennero gestiti con oculatezza, la corruzione fu ridotta a livelli bassissimi (un caso quasi unico in Africa) e tutti i principali indici della qualità della vita - mortalità infantile, età media, scolarizzazione - migliorarono. Anche sul piano internazionale fu innovatore e precursore: invocò il disarmo, invocò misure a favore dell'occupazione, della tutela ambientale, della pace tra i popoli e mentre, in un nuovo colonialismo, le multinazionali invadevano le ricche terre d’Africa e i gli Stati del Nord del mondo imponevano condizioni commerciali che impedivano lo sviluppo dell’Africa, schiacciata tra debito estero e calamità naturali, invitò i paesi africani a non pagare il debito estero per concentrare gli sforzi su una politica economica che colmasse il ritardo imposto da decenni di dominazione coloniale e anche culturale. Nel 1986 durante i lavori della 25° sessione dell'Organizzazione per l'Unità Africana molto semplicemente disse: Noi siamo estranei alla creazione di questo debito e dunque non dobbiamo pagarlo. [...] Il debito nella sua forma attuale è una riconquista coloniale organizzata con perizia. [...] Se noi non paghiamo, i prestatori di capitali non moriranno, ne siamo sicuri; se invece paghiamo, saremo noi a morire, possiamo esserne altrettanto certi. Spinse fortemente verso un processo di unione di tutti gli stati del continente, che doveva diventare un'entità politica coesa e rispettata sul piano internazionale. In un’altra occasione, dinanzi alle Nazioni Unite, disse: Parlo in nome delle madri che nei nostri Paesi impoveriti vedono i propri figli morire di malaria o di diarrea, senza sapere dei semplici mezzi che la scienza delle multinazionali non offre loro, preferendo investire nei laboratori cosmetici o nella chirurgia plastica a beneficio del capriccio di pochi uomini e donne il cui fascino è minacciato dagli eccessi di assunzione calorica nei loro pasti, così abbondanti e regolari da dare le vertigini a noi del Sahel. Un discorso modernissimo e quanto mai attuale. Per questo dall’Africa di Thomas Sankara e dal patrimonio culturale africano viene una lezione per tutti, per indurci ad una visione più armoniosa e più equilibrata della vita, per costruire una “società sostenibile” che abbia al centro relazioni sociali e non delle relazioni puramente economiche. Per questo non stupisce che dall’anno della sua morte continuino a nascere attraverso il mondo organizzazioni politiche e associazioni che sottolineano la necessità di inseguire il suo operato. Il progetto Bibliothèque, promosso dall’associazione GenitoriChe sarebbe certamente piaciuto a Thomas Sankara e noi siamo particolarmente felici che questo progetto sarà realizzato proprio in Burkina Faso.

Per saperne di più: Thomas Sankara su Wikipedia Missionari d'Africa


lunedì 24 settembre 2007

Buongiorno a tutti! Perché Weblo? In tempi di nuove parole, ho pensato a uno dei miei ricordi più nitidi dell'infanzia, quando ero piccola a cavalluccio di mio padre e in piazza Signoria a Firenze suonavano gli Inti-Illimani. El Pueblo, unido, jamas serà vencido, gridavano. Anch'io, ignara, alzavo il pugnetto.
Oggi ci chiediamo: esiste più un Pueblo? A chi ci si rivolge, per trovare aiuto? Non certo a chi del Pueblo si è fatta una bandiera per sporcarla e venderla. A noi, al Weblo. Alle persone del Web che credono ancora che un giorno "la giustizia sarà gridata dai tetti".
El weblo, unido, jamas serà vencido. Avanti dunque. Soli e senza bandiere, stavolta. Ma fermi.